Alessandro Broccolo – Coach professionista

#19 Cos’è una soft skill

27 Gennaio 2023

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Visto che se non dici soft skill non sei nessuno ho pensato di proporvi una puntata su questo tema.

Quello che vorrei fare è portarvi a pensare fuori dagli schemi e quindi a fare un lavoro creativo rispetto al concetto di soft skill.

Il motivo è che non possiamo veramente parlare di soft skill se non comprendiamo i meccanismi fisiologici e interiori che ci portano a coltivare questo tipo di competenze.

Come sempre, sarete ormai stufi di sentirlo dire, quando parlo di interiorità, di spiritualità, parlo della vita, del suo senso e di come ognuno di noi deve comprenderlo ed esprimerlo. E’ una cornice nella quale, anche questo lo dico sempre, ognuno di voi deve costruire i suoi contenuti, magari con uno stimolo esterno come può essere il mio, ma i contenuti, i significati, restano i vostri. Inoltre ricordiamoci sempre che interiorità e fisiologica non sono separati, ma si trasformano e funzionano a vicenda.

Per avere un punto di partenza prendo le skill che il World Economic Forum ha elencato come strategiche negli anni a venire. Non sono proprio tutte soft, ma in linea generale ci siamo:

1 pensiero analitico e innovazione

2 apprendimento attivo

3 capacità di risolvere problemi complessi

4 pensiero critico e capacità di analisi

5 creatività, originalità e iniziativa

6 leadership e influenza sociale

7 uso di tecnologie

8 programmazione

9 resilienza, gestione dello stress e flessibilità

10 ragionamento e problem solving

Wow a voi non fanno paura? A me si e anche se sicuramente non era l’intenzione, credo che leggere questo elenco possa essere fonte di “NON BENESSERE PSICOLOGICO” per molte persone. Potrebbe essere anche fonte di emozioni forti, oscure e che non sappiamo o vogliamo nominare; magari non abbiamo neanche i termini giusti per esprimerle e quindi magari ci viene in mente paura, vulnerabilità.

Questo è il punto sul quale vorrei portarvi.

Concentrarci su elenchi di questo tipo, come aziende o come singole persone va benissimo. Cercare di coltivare queste competenze va benissimo, ma se non coltiviamo la SOFT SKILL per eccellenza tutti questi elenchi rischiano di far precipitare il nostro benessere e la nostra purpose, il nostro Purpose Wellbeing.

Questa o queste soft skill per eccellenza riguardano la capacità di riconoscere la propria e le altrui “creatività emotive”. Per chi ha seguito le mie dirette Linkedin, soprattutto l’ultima dedicata al WellBeing aziendale, sa che questa creatività emotiva, che possiamo chiamare anche granularità, è quella che chiamo una nuova forma di intelligenza emotiva e che si basa sulle nuove teorie neuroscientifiche che riguardano le emozioni, alle quali io unisco tematiche più profonde legate al senso della vita.

Noi leggiamo questo elenco o altri di competenze e vogliamo raggiungerle. Tutte queste apparenti soft skill hanno dei comuni denominatori:

  • incertezza
  • sfida
  • relazioni
  • empatia
  • compassione
  • vulnerabilità
  • responsabilità

Questi sono tutti gli elementi che fanno di una persona un leader, perché la leadership è la responsabilità nei confronti del proprio mondo interiore e poi nei confronti della relazione e quindi degli altri.

Un pensiero e un lavoro molto vicino a questo che vi presento, ovviamente molto più famoso e autorevole del mio è quello di Brené Brown, in particolare nel suo lavoro “Dare to Lead”.

La soft skill per eccellenza è il sapere stare, comprendere e evolvere la tensione dell’essere umani e della vita, perché una tensione c’è sempre e solo se la comprendiamo e riusciamo a comunicarla in modo evolutivo.

Prendete quell’elenco di 10 skill, forse possiamo togliere quelle legate alla programmazione e uso della tecnologia. In realtà secondo me ci stanno bene lo stesso nel tema di oggi, ma per semplicità le togliamo.

Tutte le altre non hanno forse a che fare con…”la relazione”?

La relazione con noi stessi, tra persone, e tra persone e situazioni.

Tutte le altre non hanno forse a che fare con la comprensione dei meccanismi umani e della vita? 

Attenti a questo esempio per non stiamo facendo filosofia ma parlando di qualcosa di pratico: come possiamo pensare di diventare resilienti se non siamo capaci e quindi non abbiamo la skill, di creare quella relazione tra colleghi che ci permette di separare la persona dal problema, comprendere la persona, la situazione e trasformando la relazione e quello che proviamo, creare quella sicurezza emotiva che ci aiuta a guardare il problema e risolverlo veramente?

Vi siete mai posti il dubbio che la maggior parte del vostro problem solving sia un “people solving”?

E come facciamo ad essere creativi se non ci conosciamo? Lo sapete che gli studi dimostrano che noi siamo creativi su qualcosa che già in parte conosciamo; bene, se non conosciamo noi stessi, o meglio la relazione come espressione di noi stessi, come possiamo essere creativi?

Vedete come quasi tutte queste soft skill proposte dal World Economic Forum e le altre simili che si trovano in giro hanno alla base questa conoscenza interiore.

Come ho raccontato nella mia ultima puntata questa conoscenza si acquisisce con questo gruppo di soft skill che hanno a che fare con quello che sentiamo e percepiamo e con la nostra capacità di creare luoghi sicuri nei quali essere emozionalmente creativi.

Qui andiamo quindi verso due hard skill fondamentali per conoscerci:

  • la prima è appunto creare luoghi sicuri nei quali le persone possano conoscersi;
  • la secondo riguarda invece tutta la parte del benessere e dello stile di vita che, impattando la nostra fisiologia crea una percezione di noi stessi e crea i nostri pensieri.

Se siete curiosi su questo ultimo punto andate a sentire la diretta Linkedin.

Prima di andare a scuola di problem solving, pensiero critico, resilienza e creatività (o meglio mentre facciamo questo), dobbiamo anche andare a scuola di chi siamo, come funzioniamo e qual’è il senso della vita e dello stare insieme.

Attenti a questo: mentre ci preoccupiamo di coltivare tutte queste skill utili ad uno scopo produttivo, possiamo coltivare quella conoscenza di noi stessi che ci rende veri leader e che non ha nessuno scopo e nessuna utilità, perché stare bene non ha uno scopo, ma è quello che, credo, siamo.

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