Alessandro Broccolo – Coach professionista

#22 Io medito mentre passeggio, corro, suono, leggo. Improbabile! Scopriamo perché

15 Febbraio 2023

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Quante volte abbiamo sentito dire o ci siamo detti che meditiamo mentre facciamo una passeggiata nella natura, mentre ci sfoghiamo facendo una corsa; c’è chi medita suonando, leggendo e chi cucinando.

Bene oggi vi voglio svelare che molto probabilmente state (stiamo) facendo proprio tutt’altro che meditare.

Ho detto “stiamo” perché anche io a volte la vivo così. Per me la lettura è un momento meditativo, ma al di là dei modi di dire e del benessere che questi momenti che ci ritagliamo ci creano, anni di esperienza fatti di pratica e studi, mi sono serviti per sapere che quella non è meditazione.

Attenzione: dire che non è meditazione non significa che non faccia bene e che non possa essere una pratica introspettiva.

Ci sono alcuni motivi per i quali  ognuno di noi reclama il diritto di avere i propri momenti meditativi e di chiamarli meditazione.

Ve ne elenco alcuni:

  1. la meditazione viene confusa con una pratica di benessere. Ne ho già parlato in passato ed è un tema poco commerciale e quindi non lo sentite dire tanto in giro. Il punto è che la meditazione è una pratica spirituale che ha obiettivi ben precisi, tecniche e schemi ben precisi. Richiede impegno e presenza e non ha secondi fini al di là della ricerca spirituale. E qui è bene fare alcune precisazioni. Quando dico pratica spirituale non intendo per forza che ci debba essere una fede o una religione; la maggior parte delle volte è così, ma non è un requisito di partenza, anzi la costante di tutte le meditazione è acquisire consapevolezza di chi siamo e quindi fare l’esperienza di sé stessi come della coscienza…che non è quello che tutti noi facciamo di solito; noi di solito facciamo l’esperienza di noi stessi come della mente. Quando sentite parlare di mindfulness, della vera mindfulness, non c’è mai riferimento ad un credo, eppure quella è una pratica spirituale a tutti gli effetti.

Se vi state chiedendo “ma questo cosa dice? cosa vuol dire?…bhè ecco il motivo per il quale non la si dice mai tutta sulla meditazione. 

Per molti di voi sarà già astruso questo perché è una cosa nella quale vi buttate senza sapere cosa fate…nessuno di noi comincia a meditare avendo sperimentato la coscienza.

E questo sì è l’unico credo di partenza, ma ci sono abbastanza prove scientifiche e della tradizione spirituale che supportano questa possibilità…se non credete neanche alla coscienza allora forse vi conviene continuare a correre e cucinare.

Adesso mi direte: “si ma gli effetti sullo stress, sulla fisiologia, sul benessere psicologico? Confermo, certo che ci sono. 

Possiamo semplificare così: il benessere psico-fisico che crea la meditazione è un effetto della nostra abilità nel diventare consapevoli e allo stesso tempo è una causa della consapevolezza. Mi spiego. E’ una causa perché grazie alle tecniche di meditazione imparo a sentire, capire e governare la fisiologia proprio per entrare in stati meditativi e cercare di tenerli in ogni momento della giornata. L’esempio è il respiro che, se prima osservato e poi gestito, può cambiare il vostro stato di coscienza e questa è fisiologia, quindi benessere, relax, ma questo relax è un prerequisito per osservare ed essere coscienza che fa esperienza di sé stessa.

E’ una conseguenza, un effetto, perchè la meditazione ci rende più resilienti ovvero ci permette di rispondere in modo più costruttivo a momenti di stress, ad esempio…

Quindi gli effetti sulla nostra quotidianità ci sono e non sono secondari perché la spiritualità è proprio comprensione della vita e quindi della quotidianità.

  1. Un altro aspetto è che chiamiamo tutto meditazione, ma la maggior parte di noi non sa cosa sia la meditazione, me compreso. Non c’è nulla di male nel semplificare e chiamare tutto meditazione, è molto funzionale, ma a volte ci porta fuori strada. Anche qui provo a semplificare. Quando entriamo in meditazione siamo uno con la coscienza e abbiamo chiarezza dell’esperienza di noi stessi e del mondo…non dico che diventiamo degli illuminati, ma ci arriviamo vicini..mettiamola così… la maggior parte di noi è invece a livelli precedenti, livelli che ci servono per riuscire ad arrivare alla meditazione. E’ un pò come se chiamassimo la farina pane, ma non è così. Senza farina non c’è pane, ma quando è ancora solo farina non possiamo definirla già pane…ecco noi siamo quasi tutti nella farina…il che va bene, il che ci serve, il che per molti di noi sarà già sufficiente.

Sto veramente semplificando e mi rendo conto che può essere già complicato così.

Se c’è all’ascolto qualche esperto saprà di cosa sto parlando e noterà come sto tralasciando dettagli importanti (come l’ego, l’identità) ma la sostanza è comunque tutta in quello che dico.

Ora, perché è importante sapere tutto questo? Perchè correre, suonare e leggere non è meditazione? Forse è obbligatorio sedersi a gambe incrociate ed occhi chiusi? 

Certo che non è obbligatorio, ma c’è una grande MA. Ora lo vediamo. 

Chiudiamo e riassumiamo questo primo pezzo dicendo, in modo forte, che la meditazione è il punto di arrivo che ci fa realizzare di essere quello che siamo, coscienza, osservato e osservatore nello stesso momento.

Appena si comincia a meditare, anzi a “farinare” ah ah, la nostra mente si distrae. Quello che impariamo a fare e che spesso dura anni o anche una vita, è quindi concentrarsi, ascoltare, fare delle esperienze profonde ed a volte anche controllare, non nel senso di “potere”, ma nel senso di poter direzionare l’attenzione con volontà e intento. Più diventiamo bravi in questo e più ci avviciniamo all’obiettivo della meditazione e soprattutto abbiamo più possibilità di avere quei benefici di benessere, sociali e anche di focus, nella nostra quotidianità.

Stiamo imparando a fare una cosa ben precisa ovvero provare a renderci conto che possiamo spostare la nostra coscienza, quindi la nostra consapevolezza, negli oggetti della mente che possono essere pensieri, voglie, rumori, sensazioni fisiche ecc ecc..oggetti prodotti dal cervello, dal corpo e dal mondo intorno a noi…e sempre per gli esperti tralascio aspetti metafisici e filosofici…qui non ci servono a nulla, va benissimo fermarci qua.

Per semplificare possiamo usare questa metafora, presa dal bellissimo libro “Unwavering Focus di Dandapani”: se prendiamo un aereo e andiamo a New York e poi ne prendiamo un altro e andiamo a Roma siamo noi che ci spostiamo tra le città giusto? Bene la consapevolezza e scoprire, un pò alla volta, chi è questo noi che si sposta tra gli oggetti del mondo e della mente.

Com’è invece il nostro vivere quotidiano? Nella quotidianità siamo tutti incastrati nel pensare di essere gli oggetti della mente…questo è il significato di quando sentite dire che “non siamo il corpo e i pensieri”. 

Sarebbe come pensare di essere Roma invece che colui che la visita. 

Ecco cosa succede quando facciamo le corsette, leggiamo ecc ecc…siamo identificati (altra parola di uso ormai comune) con l’oggetto della mente. 

Quando corriamo è per sfogare il fatto che la mente si identifichi con tutto quello che ci stressa, ma questo sfogo è fatto mettendo la mente su altro, quindi sempre la mente.

Lo stesso vale per suonare, la lettura ecc ecc.

E’ il principio della TV o dei videogiochi. Quando siamo stressati guardiamo la TV per spostare la mente dallo stress a qualcosa che non richiede sforzo, che non richiede pensiero. La tv è un sedativo per la mente, ma di nuovo siamo sempre li, identificati con i nostri pensieri e tutta la nostra identità.

Credo che pochi di voi si mettano a suonare, leggere o cucinare con l’obiettivo di osservare la mente e realizzare di non essere “Alessandro che cucina la torta, ma di essere quella coscienza che crea l’esperienza di Alessandro e della torta”.

Ricordate? Andare a Roma pensando di essere tutti gli oggetti, opere e cose che ci sono a Roma? 

Questo non vuol dire che sia impossibile leggere meditando, ma per farlo bisogna prima essere passati per una pratica strutturata.

Ho detto più volte che di solito non sono meditazione, facendo quindi capire che potrebbero esserlo perché l’obiettivo sarebbe metterci in questo stato cosciente e ricettivo in tutto quello che facciamo e questo è spiegato benissimo nel libro “Il miracolo della presenza mentale” di Tich Nath Han dove il maestro ci insegna a meditare lavando i piatti… noi di solito laviamo i piatti pensando a quanto sarebbe bello avere la lavastoviglie, al fatto che vogliamo finire velocemente per leggere o guardare la tv e sempre con l’idea di essere effettivamente “quell’ Alessandro con la sua identità, ruoli, pregi e difetti, che fanno si che lavare i piatti sia tempo perso”

In questa puntata abbiamo quindi citato due libri che vi consiglio e vi linko anche una puntata di Andrea Huberman con Sam Harris che in 4 ore vi spiega quello che ho riassunto in poco:

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