Ciao a tutte e tutti,
a cosa serve un coach e come funziona il processo di coaching? Anzi, per meglio dire, come funziona un “deep coaching” o come lo chiamo io il Life Purpose Leadership Coaching?
Se non in casi particolari, come ad esempio all’interno di un percorso strutturato o in un evento di gruppo, un coach non è qualcuno che ti dice cosa devi fare. Andiamo da un coach, venite da me ?, perché vi serve un supporto strategico e tattico, per far emergere la vostra consapevolezza interiore e la vostra capacità di manifestarla nella vostra vita, che sia al lavoro o nel privato.
Andate da un coach, perché volete sfidare, vagliare, trasformare le vostre credenze, con l’obiettivo di andare oltre e capire veramente CHI, COSA e COME.
Un coach parte quindi dal presupposto che in voi, in noi, ci sia tutto quello che serve per “thrive”, per fiorire, ma spesso la nostra mente ed il nostro contesto non ci fanno vedere le cose con chiarezza. Ecco un coach è una sorta di “paio di occhiali o di lampadina”.
Ecco perché da un coach può andare una casalinga che vuole trovare un modo nuovo per esprimere le sue passioni in famiglia o il CEO di una multinazionale; il CEO di Google ha lavorato con un coach, grandi atleti e politici hanno lavorato e lavorano con un coach; proprio così, più le sfide diventano importanti e più diventiamo bravi, più ci può essere di supporto una facilitatore, un trasformatore. Allo stesso tempo più le nostre abitudini quotidiane si radicano, come per esempio in famiglia e più trasformarle può essere difficile.
Ma c’è di più; i migliori coach al mondo, quelli che costano 10 K all’ora (si esistono), hanno dei loro coach con i quali lavorano…
Ci tenevo a raccontarvi questi particolari perché da un coach non si va per un senso di malessere, ma per un senso di benessere che c’è e vuole essere ancora più espanso. Non è una differenza da poco.
Un insieme di “big question” che uso nel Purpose Coaching è relativo alle domande “fastidiose”, che stimolano la persona a capire se quello che vuole, ovvero il contenuto della sessione o del percorso, è veramente quello di cui ha bisogno. Non lo faccio perché immagino una via diversa per il mio partner (ah si, un’altra cosa interessante è che tra coach e cliente si instaura un rapporto di partnership), è lui che decide dove vuole andare, lo faccio per spingerlo a capire se lo stimolo verso quel nuovo obiettivo arriva da dentro o da fuori, da aspettative o sogni, da paura o potenzialità, da Purpose o da altri scopi.
Per ognuno di noi capire questa cosa non è poco; la fatica o addirittura l’insuccesso, nel raggiungere un nostro obiettivo o desiderio, possono dipendere da se stiamo rincorrendo qualcosa (voglia) rispetto al far emergere qualcosa da dentro noi stessi (bisogno).
L’agenda del cliente, del partner, non cambia, ma il desiderio prende un’altra forza, la motivazione emerge e strategia e tattica si spianano davanti ai suoi occhi con più facilità.
Spesso quello che vediamo non è la realtà di quello che siamo. Vedere in modo diverso ci aiuta a capire come possiamo raggiungere la nostra libertà, la nostra leadership.
Come faccio io?
Proprio questa mattina (cioè ieri) ho scritto un whatsapp alla mia compagna dicendole che dovremmo essere più coach tra di noi. In una relazione andiamo da qualche parte se stimoliamo l’altra persona a vedere diversamente, a manifestarsi, ad esprimere la propria Purpose.